Tra la fine del IV secolo e il 440 d.C. sui resti di una ricca
domus di età imperiale demolita al livello delle fondamenta. fu edificata una grande basilica a tre navate, dedicata al martire Pietro o agli apostoli.
Il luogo, la sommità dell’altura identificata con l’antico Fagutale, si trovava al margine della Regio III - Iside e Serapide dove, sin dall’età arcaica, dimore importanti si erano succedute disponendosi in posizione dominante rispetto alle sottostanti valli della Suburra e del Foro.
La basilica nasce nelle fasi iniziali del lungo processo di cristianizzazione della città antica, negli anni che precedono di poco o seguono di tre decenni il Sacco di Alarico. Lo scenario è quello di una città che non reca ancora segni evidenti del suo lento declino. Se la prima basilica risale alla fine del IV secolo, precede gli ultimi
munera gladiatori tenuti nel vicino Colosseo; le terme dell’imperatore Traiano sull’adiacente altura dell’Oppio sono ancora in uso e i fori saranno ancora a lungo oggetto di interventi pubblici.
Gli scavi condotti negli anni cinquanta del Novecento sotto la basilica, hanno messo in luce resti compresi tra l’età arcaica e il IV secolo e hanno documentato che dopo soli pochi decenni, con il pontefice Sisto IV o con il successore Leone Magno, la chiesa fu ricostruita quasi interamente con l’impianto strutturale ancora oggi esistente.
E’ possibile che già dalle prime fasi di vita il luogo accogliesse le catene ritenute della prigionia romana di Pietro, oggi esposte in una teca sotto l’altare maggiore. Sempre nell’arco del V secolo la tradizione colloca il miracolo della loro fusione con le altre che avevano avvinto l’apostolo nel carcere di Erode a Gerusalemme. Protagonisti delle prime vicende edilizie della chiesa e della storia delle reliquie sono i membri della famiglia imperiale di Bisanzio; in particolare della figlia di Teodosio II, Licinia Eudossia, dalla quale sarebbe derivato uno dei nomi della basilica:
titulus Eudoxiae. Il nome compare la prima volta nell’alto medioevo assieme a quello che la basilica assumerà formalmente solo nell’XI secolo,
titulus ad Vinculis, sostituendo la dedica ufficiale di
titulus apostolorum , riferito a Pietro e Paolo.
L’interno della basilica, a tre navate scandite da antiche colonne di marmo imezio, conserva molte testimonianze della sua lunga storia: dalle epigrafi risalenti alle fasi iniziali, al complesso della cripta ottocentesca voluta da Pio IX nel presbiterio. La sua costruzione portò al rinvenimento del sarcofago del IV secolo conservato sotto all’altare, contenente le reliquie dei sette fratelli Maccabei.
Trasformata dagli interventi rinascimentali di Francesco e Giuliano della Rovere, futuri papi Sisto IV e Giulio II, la basilica conserva la tomba e parte dell’altare del filosofo Niccolò Cusano attribuito allo scultore Andrea Bregno e di altri personaggi di rilievo della Roma del primo rinascimento, come i fratelli Pollaiolo e Giovanni Andrea de Bussi. Il mausoleo michelangiolesco di Giulio II e la statua celeberrima del Mosè costituiscono da tempo il motivo di maggiore richiamo per la visita. Sugli altari barocchi che si alternano alle ricche tombe seicentesche sono esposte opere importanti, come il compianto sul Cristo morto attribuito al Pomarancio e santa Margherita di Antiochia del Guercino.
Al tardo rinascimento risale il grande affresco dell’abside, dipinto da Jacopo Coppi detto il Meglio e al primo Settecento la volta lignea di Francesco Fontana, che reca al centro “il miracolo della catene” dipinto da Giovanni Parodi.
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